di Matteo Pelliti
Le prime, le più antiche, portate a quattordici anni, in quarta ginnasio, sfidando gli sfottò. Quelli di quinta mi trattenevano sul bus, per non farmi scendere alla mia fermata. Le indossavo, forse, per aderire meglio al prototipo del “secchione”, occhiali e brufoli d’ordinanza? Di lana, in maglia di lana, monocromatiche, ad imparare il nodo più semplice, ripetuto più volte. Ne ricordo una, invece, la prima di seta, griffata, comprata a Trento, per caso. Le regimental, di solito, ereditate dai padri o regalate, a Natale. Erano talismani, già dall’adolescenza, feticci, amuleti protettivi che spingevano a una prima cura di sé, per abbinarle al cardigan più adatto e, soprattutto, per apprendere una nuova grammatica: quale camicia sotto quale fantasia? Mai le righe sui quadretti! Regola e sua trasgressione, in fondo, s’imparano insieme, non solo nelle questioni d’estetica.
L’età adulta portò nuove acquisizioni, e abitudini. Le righe orizzontali in quelle di maglia – quella lì marrone e beige di seta, tra le preferite – le portavo già prima che diventassero d’uso comune, poi la moda si arrestò un poco. Alla laurea ne portavo una escheriana, di piccolissimi rombi bordeaux, verdi e oro intarsiati a mosaico. Al matrimonio una aragosta, tinta unita, che stinse un po’ il colore sul colletto per il gran caldo. E in tribunale, al divorzio, forse era quella in maglia di lana blu, firmata, che è un tipo così adatto ma così adatto da prestarsi bene per ogni occasione, dal battesimo al funerale.
Ricordati: non pulire le lenti degli occhiali col retro della fodera; mai far sporgere il lato corto sotto al lato lungo, sulla pancia; non fissare il lato lungo sotto la cintura dei pantaloni nelle giornate ventose; presta sempre attenzione ai piatti di amatriciana; lascia che il sangue affluisca liberamente per la carotide e, semmai, slaccia il primo bottone della camicia, ben nascosto dal nodo. Quale conforto e grande compagnia in questi amati scudi fatti d’una striscia di tessuto.
Le storie dell'armadio 